IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nella controversia agraria
 iscritta al n. 1835/97 r.g. e promossa da  Cecchetto  Pietro  con  il
 proc.  dom.  avv. E. Colangelo, contro Cecchetto Roberto con il proc.
 dom. avv. R. Gardin;
   Vista l'eccezione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dal
 convenuto nella comparsa di risposta;
                               Atteso che
   L'art.  163,  n.  7,  c.p.c.,  dispone che l'atto di citazione deve
 contenere l'invito al convenuto a costituirsi nel  termine  di  legge
 con  l'avvertimento  che  la  costituzione  oltre il suddetto termine
 implica le decadenze di cui all'art. 167, c.p.c.;
   Gli artt.  415 e 416, c.p.c., (che disciplinano il rito del lavoro,
 applicabile  alle  controversie  agrarie)   non   contengono   alcuna
 disposizione, che imponga l'invito e l'avvertimento di cui sopra;
   Nel  rito  del  lavoro  opera  un regime di preclusioni e decadenze
 ancor piu' rigido di quello operante nel regime ordinario per effetto
 della  novella  contenuta  nella  legge  n.  353/1990  e   successive
 modificazioni,  in  quanto  l'onere  della proposizione di eccezioni,
 domande  riconvenzionali  e  prove  deve  esser  assolto  gia'  nella
 comparsa    di   risposta   tempestivamente   depositata   e,   anzi,
 l'ammissibilita' della domanda riconvenzionale  e'  subordinata  alla
 richiesta di nuovo decreto di cui all'art. 418, c.p.c.;
   La  Corte costituzionale con le sentenze 22 aprile 1980, n. 61 e 29
 ottobre 1987, n. 347, ha  dichiarato  non  fondata  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  degli  artt.  415 e 416 con riferimento
 agli artt. 3 e 24 della Costituzione, affermando  che  l'esigere  che
 l'irrogazione  della  decadenza  posta  dall'art.  416  a  carico del
 convenuto sia condizionata a cio' che l'avvertimento del  verificarsi
 delle   decadenze   e   preclusioni   venga  riprodotto  nel  ricorso
 introduttivo o nel decreto di fissazione di udienza, si risolve nella
 disapplicazione del principio della  legale  conoscenza  delle  norme
 legislative  e  che tale disapplicazione nulla ha a che vedere con la
 tutela del diritto di difesa e del principio di uguaglianza;
   L'introduzione   della   necessita',   a    pena    di    nullita',
 dell'avvertimento di cui all'art. 163, n. 7, c.p.c., limitata al solo
 rito   ordinario,  comporta  ora  una  violazione  del  principio  di
 uguaglianza nei confronti delle  norme,  che  non  prevedono  analoga
 sanzione  nell'ambito  del  rito  del  lavoro;  non  appare, infatti,
 ragionevole trattare in  maniera  differenziata  situazioni  in  cui,
 dalla   mancanza   dell'avvertimento,  possono  derivare  conseguenze
 ugualmente o addirittura maggiormente pregiudizievoli  per  la  parte
 convenuta;
   Alcun  argomento  in contrario puo' trarsi dalla sentenza 29 maggio
 1997, n. 154, della  Corte  costituzionale,  che  ha  dichiarato  non
 fondata  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 318,
 comma 1, c.p.c., in relazione all'art. 164, comma  1,  c.p.c.,  nella
 parte  in  cui  non  prevede che l'atto di citazione nel procedimento
 avanti al giudice di  pace  debba  contenere  l'avvertimento  che  la
 Costituzione  del convenuto oltre i termini di cui al successivo art.
 319 implica le decadenze di cui all'art. 167, c.p.c., avendo la Corte
 giustificato la  propria  pronuncia  con  l'assoluta  peculiarita'  e
 autonomia  del  procedimento avanti al giudice di pace e l'assenza di
 un regime di decadenze e preclusioni assimilabile a  quello  operante
 nel rito avanti all'autore e al tribunale;
   La questione, oltre che non manifestamente infondata per le ragioni
 di  cui  sopra, e', altresi', rilevante, in quanto il convenuto si e'
 costituito tardivamente ed ha proposto domanda riconvenzionale ed  ha
 dedotto  prove  che,  in base alle norme vigenti, sono da dichiararsi
 inammissibili perche' tardive, nel mentre, se vi  fossero  anche  nel
 rito  del  lavoro  l'obbligo  dell'avvertimento  di cui all'art. 167,
 c.p.c., e la conseguente sanzione di nullita' di  cui  all'art.  164,
 c.p.c.,   il   convenuto   avrebbe   potuto   dedurre   la   mancanza
 dell'avvertimento e ottenere la fissazione di una nuova  udienza  nel
 rispetto  dei  termini  a  comparire  ed evitare, cosi', le decadenze
 nelle quali e' incorso;